
In occasione dell’undicesima edizione di Seeyousound, festival torinese con una programmazione interamente dedicata alla musica, abbiamo intervistato Marco Pacchiana, unico regista italiano presente nella sezione Soundies, curata da Alessandro Maccarrone e incentrata sui video musicali. Fra i venti video proposti, infatti, si trova J’Existe, diretto dal regista bergamasco classe ‘98 per il producer e dj Novze. Davanti a uno spritz abbiamo avuto l’opportunità per discutere del suo rapporto con il cinema e il videoclip.
J’existe è l’unico videoclip italiano selezionato al SeeYouSound. Ieri (giovedì 27 febbraio, ndr) è stato proiettato davanti al pubblico sul grande schermo prima della proiezione del film All You Need Is Death. Che sensazione è stata rivedere questo lavoro a distanza di qualche mese dalla sua pubblicazione e soprattutto per la prima volta dentro un cinema sul grande schermo?
Ho un rapporto un po’ strano con i miei progetti. Quando escono, dopo mesi in cui ho dedicato tutto il mio tempo a concentrarmi solo su quello, c’è una fase di totale rifiuto: il progetto diventa qualcosa di terribile, un po’ come un figlio che rifiuto e di cui vedo solo i difetti. Non lo vedevo da qualche settimana, temevo un po’ l’impatto del grande schermo, ma invece, l’esperienza in sala ha “addolcito” i difettucci che avevo notato. È stato bellissimo come esperienza. Inoltre, l’impianto audio di una sala cinematografica, con la musica potente di Novze, ha fatto la sua porca figura!
Hai solo tre videoclip all’attivo, ma – oltre ad essere l’unico italiano selezionato qui al Seeyousound – hai anche vinto il premio di Regista Under 25 dell’anno agli scorsi Videoclip Italia Awards e il premio di miglior videoclip per Me Monkey (Mi manchi) al Sentiero Film Factory. Come hai vissuto questo ultimo anno di crescita artistica e professionale?
Tutti i miei videoclip sono completamente indipendenti, realizzati con due lire e senza una produzione dietro. Da un lato questo ha i suoi svantaggi per via di tutto il tempo che bisogna dedicare alla produzione, è molto più faticoso, ci si “sporca le mani” dovendo contattare tutti, organizzare le riprese e via dicendo. Dall’altro lato però hai una completa libertà: una volta che sei d’accordo con l’artista, si può spaziare, si può creare, non ci sono vincoli. Nel caso di Novze, che è un artista emergente, aveva solo la necessità di esaltare al meglio il brano e penso che ci siamo riusciti abbastanza bene.
Quello che ho capito in questi mesi è che la musica elettronica ha un’anima che non può vivere senza video. Ciò che voglio fare più di tutto è creare una simbiosi tra la parte visuale e quella musicale; non mi interessano altri scopi, non mi interessa lo scopo commerciale. L’unica cosa che conta per me è dare un’anima, un vissuto, un immaginario alla musica.
Trovo che il videoclip sia uno strumento di esplorazione incredibile, perché è un piccolo film in cui tutto scorre, la musica guida e permette di lasciarsi andare di più al non detto, al suggestivo. Il videoclip è uno spazio fondamentale per sperimentare e anche per sbagliare.
Prima di J’existe e Me Monkey, avevi girato anche Attitudine, che è stato una sorta di lavoro di diploma, visto che sei recentemente uscito dalla Luchino Visconti. Cosa ti ha spinto a intraprendere questo percorso? Che cosa ti appassiona della regia e del videoclip?
Io mi sono laureato in regia alla Luchino Visconti e Attitudine l’ho girato come lavoro di diploma nel corso di videoclip. Lì ho sentito un legame particolare con la musica, mi sono divertito molto a girarlo, ovviamente si tratta di un lavoro fortemente ispirato dai video di Kendrick Lamar, in particolare Element.
Ho da sempre una passione per il cinema. Mio padre, che è una persona fantastica a cui voglio un sacco di bene, è un classico uomo bergamasco un po’ ruvido. Però con il cinema si emoziona tantissimo ed è da quando sono piccolo che questa cosa, che un uomo così possa empatizzare così tanto con il cinema, mi colpisce molto. Lì mi è scattata una scintilla e ho capito di che mezzo stiamo parlando: un mezzo che può smuovere animi, cambiare pensieri, far evolvere, cambiare la storia. Secondo me è un mezzo di comunicazione perfetto, perché lo schermo è empatico, è la sublimazione di tante arti messe insieme e, per me, è la più potente.
Come sei passato dalla scuola ai set e che tipo di gavetta hai fatto?
Alla Civica ho conosciuto Miguel Lombardi, che è un aiuto regista con un bel po’ di esperienza alle spalle. Ci siamo conosciuti quando frequentavo ancora la scuola, ci siamo trovati subito molto bene e da lì ho cominciato a lavorare con lui come suo assistente in pubblicità a Milano e tanti film, anche statunitensi, in giro per tutta l’Italia, fra cui anche un film girato a Lucca l’estate scorsa con Dustin Hoffman per la regia di Peter Greenaway.
La cosa utile della gavetta, di questo lavoro al fianco di Miguel, è che mi ha dato la possibilità di lavorare con cinquanta registi all’anno e di rubare con gli occhi, di capire cosa mi piace, cosa non mi piace, che tipo di approccio voglio avere sul set e quale non voglio avere e poi di guardare all’opera dei veri maestri. Indipendentemente dal tipo di prodotto che fanno – anche se si tratta di una pubblicità di un prodotto poco stimolante -, magari c’è una frase, un’osservazione che un regista o un direttore della fotografia può fare e che si rivela illuminante. Ho avuto moltissime epifanie lavorando sui set.
Musicalmente sembri molto orientato verso la musica elettronica e gli ultimi due video ne sono un esempio lampante. Vorresti misurarti anche su altri generi musicali? Con quali artisti italiani ti piacerebbe collaborare? E, sognando in grande, se potessi scegliere qualsiasi artista al mondo, di chi vorresti fare un videoclip?
Sì, mi piacerebbe sperimentare con altri generi musicali. Indipendentemente dal tipo di brano, penso sempre che sarebbe interessante spostarne l’immaginario: coglierne l’essenza, per poi prenderlo e catapultarlo in un altro universo. Quando giochi con questo tipo di contrasto secondo me si crea un’armonia bellissima, sorprendente.
Per quanto riguarda gli artisti italiani con cui mi piacerebbe collaborare, gioco in casa con la musica elettronica e penso a Mace, poi mi piace molto Mecna, scrive dei testi molto belli e ha un immaginario molto particolare, curato, poi Madame, Tananai… Mi piacerebbe lavorare con okgiorgio, visto che siamo anche concittadini, arrampichiamo entrambi (ride, ndr), e trovo il suo approccio musicale interessantissimo, secondo me, un po’ come Fred again, ha colto una necessità, che io perlomeno sentivo, di ballare una musica elettronica che non fosse cupa: la techno è spesso molto scura, ma lui ha percepito l’esigenza di ballarla col sorriso.
E a livello internazionale, se potessi scegliere chiunque?
I Queen vanno bene? Poi sicuramente Fred again, è uno degli artisti che ascolto ogni giorno, Jamie XX e forse Bicep. E Lucio Dalla!
A livello produttivo hai fatto dei video per conto tuo. Ti interesserebbe lavorare con delle produzioni più strutturate qui in Italia?
Assolutamente sì, la produzione sarebbe fondamentale per potersi concentrare di più sulla regia, sul risultato finale. Probabilmente anche in J’Existe ci sono delle scene che avrei girato diversamente se non avessi avuto l’ansia di organizzare il pick up di un attore, di coordinarmi con il catering ecc. Spero un giorno di poter avere il supporto di una produzione, è una cosa di cui sento la necessità.



Foto di Alberto Brignoli
In generale, il videoclip è considerato un genere “minore” rispetto al cinema, alle serie e pure alla pubblicità. Cosa ne pensi di questa gerarchia?
Secondo me il videoclip è fondamentale sia per l’industria musicale che quella cinematografica. È un prodotto facilmente fruibile, breve e non così impegnativo come andare al cinema, ce ne sono talmente tanti che è possibile vederne di ogni tipo, guardare moltissimi buoni prodotti e imparare cose diverse. Il Seeyousound rappresenta un esempio perfetto di questo, nella sezione Soundies dedicata ai videoclip ha mostrato del cinema in miniatura splendido, che fa bene al pubblico, agli artisti. Un buon videoclip ti permette di farti cambiare la percezione di un brano, facendoti apprezzare anche artisti che non normalmente non segui, che non ti piacerebbero. È uno strumento potentissimo, bisognerebbe amarlo.
A cosa serve il videoclip dal tuo punto di vista di regista? Lo vedi come parte della tua gavetta?
Fa parte della gavetta fino a un certo punto. Nel senso che io vorrei fare videoclip per sempre. Sicuramente è un punto di partenza perché accessibile, però è un linguaggio che a me piace da impazzire. Sogno il grande schermo, voglio fare film, però non è un linguaggio da abbandonare.
Lavori fianco a fianco con uno sceneggiatore, Tommaso Ongis, che già di per sé in ambito videoclip è una cosa particolare. Quanto è importante per te la scrittura per il videoclip?
Amo lavorare con Tommaso! Mi fa da bastian contrario, per tante cose siamo agli opposti, ma abbiamo gusti molto simili. Che sia nella scrittura o nel montaggio, io ho bisogno di una continua lotta: qualcuno che mi motivi, mi chieda sempre “perché fai questo?”. Con Tommaso abbiamo scritto J’Existe insieme e tante altre cose, fra cui un cortometraggio, una sorta di musical, di cui abbiamo appena chiuso la sceneggiatura.
Questo tipo di relazione, di scambio anche conflittivo con i tuoi collaboratori, accennavi che si estende anche al montaggio e, immagino, anche con il direttore della fotografia, è così?
Assolutamente sì, con Federico Di Maria (direttore della fotografia, ndr) ormai formiamo un team, lavoriamo molto bene insieme e siamo in perenne “lotta d’amore”, confrontiamo le nostre visioni su ogni scelta e questa è una forma di crescita. Io sono piuttosto maniacale nelle cose che faccio, voglio avere il controllo su tutto e solo con le persone di cui mi fido riesco ad avere un rapporto di ascolto. Se Federico, Tommaso o Leo (Ferrari, il montatore, ndr) mi fa un’osservazione, mi dice “guarda che questa è una cazzata”, molto probabilmente è perché hanno ragione (ride, ndr).
A livello visivo invece quali sono le tue principali influenze?
Per quanto riguarda il videoclip, come tutti penso, devo dire Romain Gavras. Per il cinema, Bertolucci è stata un’influenza fortissima, credo che nessuno mi abbia colpito così fortemente, forse tolto Antonioni, nel modo in cui indaga i rapporti umani, l’intimità, il modo in cui sceglie di raccontare frazioni di vita particolare, in questo è stato un maestro, mi ha segnato molto. Poi c’è un altro regista che mi ha influenzato molto e su cui ho scritto anche la mia tesi di laurea, ed è Kubrick, che apparentemente è agli opposti di Bertolucci. Kubrick è il rigore, è crudo, violento (non che Bertolucci non lo fosse). Sogno di fondere queste due anime, ovviamente con le dovute proporzioni (ride, ndr). Fallirò continuamente provandoci…
Quali sono i tuoi obiettivi futuri? Il cinema e le serie tv?
Certamente vorrei fare cinema, ma io sogno soprattutto di ibridare i linguaggi e per questo sento che il videoclip è fondamentale nel mio percorso. Mi piacerebbe un giorno mettere in scena in un film qualcosa che avevo pensato per un videoclip anni prima, con quella libertà, quella purezza e l’ingenuità che il videoclip ti permette di avere, di lasciar scorrere le immagini.
Nel breve termine invece, quali sono i tuoi prossimi progetti? A parte il corto-musical, a cosa state lavorando?
Stiamo facendo pubblicità per permetterci di fare videoclip e il corto!