
Donato Sansone è un artista, ‘braccia rubate’ all’arte tutte le volte che si dedica alla realizzazione di un video musicale. La sua produzione videomusicale è infatti incomparabile a qualsiasi altra, poiché frutto di una brillante immaginazione che rifugge ogni possibile tendenza. Per questa sua originalità è stato notato anche all’estero (basti pensare che Canal+ ha anche prodotto alcuni suoi cortometraggi e uno showcase in dvd) e i suoi lavori sono stati selezionati nei principali festival dedicati all’animazione.
Ciao Donato. Grazie per questa chiacchierata. Ti conosciamo attraverso i tuoi lavori, mai banali, giocosi e sbalorditivi, sia in senso positivo che di turbamento. La prima cosa che mi viene da chiederti è: cosa volevi fare da bambino? Qual era il tuo gioco preferito?
Da bambino… volevo essere un giocatore di calcio, ero bravissimo a giocare a pallone (ma correvo poco ed ero fragile), dunque il mio gioco preferito era il calcio.

Che studi hai fatto? Come ti sei avvicinato al settore videomusicale?
Ho studiato all’Istituto d’arte di Potenza, poi all’Accademia di Belle Arti di Napoli e infine al Centro Sperimentale di Cinema di Animazione a Torino. Al video musicale mi sono avvicinato come tutti quelli della mia generazione con MTV, guardando i videoclip, ma all’epoca non potevo farli perché non avevo una videocamera. Agli inizi degli anni ‘90 solo poche persone ce l’avevano ed erano coloro che stavano bene economicamente. Dunque fare “cinema” non era una cosa alla portata di tutti come oggi, ma di pochi. Io dipingevo ma volevo che i miei dipinti diventassero reali, dunque dipingevo molto dinamico e sembravano già in movimento.

Qual è stato il tuo primo lavoro in questo campo? Com’è stata questa tua prima esperienza? Riguardandolo oggi, lo rifaresti in modo diverso?
Il mio primo lavoro in questo campo è stato nel 2005 quando ho realizzato il videoclip degli Afterhours “La Vedova Bianca” e la versione inglese “White Widow”. Sono due versioni apparentemente uguali ma diverse. Ho iniziato subito col botto con gli Afterhours, perché Manuel Agnelli aveva visto dei miei lavori che gli erano piaciuti e ha voluto che facessi io il suo videoclip. All’epoca lavoravo con il regista Daniele Segre per un documentario al Museo d’Arte Contemporanea di Rivoli, dunque non avevo tempo, però Manuel ha aspettato che mi liberassi per poter fare il video. È stata un’esperienza strana che rifarei allo stesso modo. Ero molto inesperto e anche timido, ma sapevo bene cosa volevo ottenere nel videoclip. C’erano pochissimi soldi (e credo che sia uno dei motivi per cui hanno scelto un ragazzo inesperto come me) ma a me fregava poco perché ciò che mi importava era iniziare a fare videoclip, oltre ai cortometraggi e gli spot pubblicitari.
Quali sono le tue influenze, gli artisti e i generi che hanno contribuito alla tua formazione?
Ciò che ha contribuito alla mia formazione sono tante cose, tante cose che ho visto negli anni e assorbito qua e là, per cui non ha senso parlare di qualcuno in particolare. Siamo travolti da immagini, suoni e musiche che ci formano in un determinato modo. All’Accademia di Belle Arti ero molto affascinato dalla body art e dalle performance artistiche di artisti come Stelarc, Orlan, McCarthy, ecc … e queste persone mi hanno influenzato profondamente, allo stesso modo artisti come David Lynch, o John Carpenter, o David Cronenbergh che mi hanno insegnato a vedere le cose in maniera diversa.

Quale video musicale tra quelli che hai realizzato ti rappresenta pienamente e ne sei assolutamente soddisfatto?
Tra i videoclip che ho realizzato, che non sono moltissimi, quello che forse preferisco più di tutti è “Colle Immane” dei Verdena. Quando l’ho fatto, nel 2015, era un videoclip fresco e nuovo sotto certi punti di vista, ed era un po’ un allenamento stilistico per il cortometraggio che avrei fatto un paio di mesi dopo e che si intitola “Journal animé”, un corto finalista della cinquina dei premi César e andato nella preselezione dei 70 cortometraggi in corsa per gli Oscar. Ma non ho vinto né i César, cosa che ero sicuro di vincere, né andato oltre per gli Oscar. Un disastro, insomma!

Esiste un video, di qualsiasi periodo, che ti ha fatto pensare: Vorrei averlo fatto io? Oppure, potrei averlo fatto io?
Se esiste un video che avrei voluto fare io? Diversi in realtà, ma quello che più di tutti avrei voluto fare è forse The Beautiful People di Marilyn Manson, un videoclip straordinario.
Il tuo dream job: squilla il telefono e ti propongono di creare un video per…
Anche qua, sono molti gli artisti con cui mi piacerebbe lavorare sia italiani che stranieri, ma in particolare se proprio sogno di avere una telefonata la vorrei ricevere da Trent Reznor o da Thom Yorke (non in inglese perché non lo so l’inglese…).
Come concepisci l’idea di un video musicale? Come procedi?
L’idea di un video musicale può nascere in tanti modi. Può avvenire spontaneamente come un fulmine in testa, oppure va pensato in termini più progettuali con fogli e penna. Ascolto di solito la canzone, ovviamente, e poi vado a passeggiare, cosa che mi fa venire tante idee, oppure mi metto a dormire… altra cosa che mi fa venire tante idee è il dormiveglia. Faccio di solito queste due cose. Altro elemento determinante sono i paletti economici o di tempo. A volte si pensa da subito in termini economici e si crea pensando al fatto che devi inventarti delle cose in “economia”.

Quanto tempo hai solitamente per creare un video?
Solitamente per creare un video ho un tempo variabile che può andare da una settimana a un mese, ma io sono velocissimo, nonostante lavori molto di compositing e animazione.
Tu realizzi anche tante brevi animazioni ed elaborazioni digitali che pubblichi sui social. Come nascono? Si tratta di quei sani “cazzeggi” che si fanno quando si è impegnati in un lavoro più lungo e servono a fare una pausa su qualcos’altro di creativo?
I miei “cazzeggi” creativi nascono dall’esigenza quasi compulsiva di dover creare. La mia vita ha senso nell’atto creativo, io mi sento perso se non mi invento qualcosa da creare o manipolare. Infatti quasi quotidianamente pubblico degli esperimenti o dei videocazzeggi sui social in maniera quasi fastidiosa per il gran numero di pubblicazioni che faccio. Sono una macchinetta e non riesco a fermarmi. Inoltre molti degli esperimenti sono un po’ una palestra creativa da applicare poi a lavori più complessi e sofisticati. In ogni caso, mi diverto molto e rido anche tantissimo quando faccio le “cazzate”, che per me non sono mai cazzate.

Pensa a te quindici/venti anni fa: com’è andata rispetto ai sogni che avevi? Cosa non hai ancora realizzato?
Se penso a quando ero più ragazzo sono felice, perché molte delle cose che volevo realizzare le ho realizzate. Mi sento piuttosto realizzato perché ho cacciato dal mio corpo e dalla mia testa un sacco di roba, roba che mi ha portato un certo successo e che mi ha fatto conoscere nel mondo in un certo modo, perché quando mi chiamano dall’estero per fare lavori prestigiosi (che non sto qua a raccontare) oppure quando vedo i miei video diventare virali o che fanno da ispirazione per tante altre cose, allora capisco di poter essere contento di quello che ho fatto.
È mai capitato che lo stile di un tuo video influenzasse la realizzazione della grafica di copertina o la scenografia di un tour? E l’inverso?
Credo di si… con gli I Hate My Village. Nell’album ultimo, per esempio, oltre al videoclip “Water Tanks” ho curato anche le grafiche e tutto l’aspetto visivo della pubblicità.
Guardando alla scena italiana e internazionale, ti è capitato di vedere qualcosa di interessante? Su chi punteresti tra le nuove leve dell’animazione?
Si certo, ci sono autori e animatori bravissimi ma preferisco non fare nomi perché automaticamente poi ne dimentico qualcuno, allora sorvolo. Là fuori c’è molta gente in gamba che fa cose bellissime. Per esempio, io vivo e lavoro a Torino e, rimanendo nell’ambito puramente torinese del videoclip, per non andare troppo oltre, faccio i nomi di Gabriele Ottino e Riccardo Akasha, per esempio, che stanno sperimentando tra l’altro l’AI in maniera eccellente.
Almeno nell’ultimo decennio, o poco più, c’è stata una nuova espansione del video musicale, anche con la diffusione di generi come i lyric video, i visualizer, fino ai video interattivi e, da un paio d’anni (in realtà il primo video di questo tipo dovrebbe essere del 2017), i video generati dall’intelligenza artificiale in toto o in parte. Ecco, che opinione hai sull’uso dell’intelligenza artificiale? Quanto le nuove tecnologie hanno già cambiato o cambieranno la tecnica dell’animazione?
Per nuova tecnologia parliamo dell’AI che è una cosa che bisogna tenere fortemente in considerazione. È una realtà di cui bisogna tener conto e che bisogna sfruttare per le potenzialità che ci offre. È una cosa che non mi spaventa affatto perché si accorciano i tempi e la manovalanza tra idea e realizzazione; dunque è vantaggiosa per certi versi e pericolosa per altri dal momento che mettono a repentaglio la sopravvivenza di diverse figure professionali. Io non la uso ancora o l’ho usata, diciamo, in parte ma presto mi butterò anche io nella sperimentazione dell’AI con un maestro eccellente che mi sta iniziando alla pratica e che si chiama Alessandro Bavari, un amico e artista che manipola le nuove tecnologie e l’AI con una scioltezza incredibile. Un mostro, così come lo sono Riccardo, che ho citato prima, e Gabriele.
Una domanda che è diretta conseguenza della precedente ma non esclusivamente rivolta all’animazione: quale pensi sia il futuro del video musicale?
Il video musicale è inutile e lo dico contro il mio interesse. Se io fossi un artista musicale non li farei, ma accompagnerei semplicemente e visivamente i miei brani con dei loop animati, come del resto si sta un po’ facendo adesso. Il video musicale è sicuramente diventato più uno sfizio che altro. Non ha più la funzionalità commerciale e promozionale che aveva una volta, di conseguenza ha perso soldi per strada. A me piace farli ogni tanto, anche se io amo di più il cortometraggio come forma espressiva o lo spot pubblicitario. Mi diverto nel realizzarli e penso che siano degli incredibili e meravigliosi giochini creativi. Da qui non so prevedere quale possa essere il futuro del videoclip, spero se ne facciano ancora ovviamente, ma credo che diventerà sempre di più un’arte dell’intrattenimento fine a se stesso, il che va benissimo.
Che consiglio daresti a chi sta cominciando a muovere i primi passi nel mondo dell’animazione o delle produzioni audiovisive in generale?
Il consiglio che mi viene da dare ai giovani che desiderano e amano l’arte del videoclip è di chiedere consigli a qualcun altro, giacché io non so darli nemmeno a me stesso…
Ci puoi dare una anticipazione dei tuoi progetti futuri?
Nei miei progetti futuri c’è un lungometraggio in animazione e live action, c’è una mia personale al Museo del Cinema di Torino che partirà ad aprile, c’è una mostra sempre mia a Le GRU di Grugliasco (TO) e ci sono lavori su commissione vari. Insomma girano tante cose che partono dall’Italia fino a Los Angeles.