Sanremo è Sanremo. Un carozzone trash che mostra il paese da una dimensione parallela, quella dell’Italia di Rai Uno. Un’Italia che non esiste, ma che non di meno dice e racconta molto della società che vorrebbe rappresentare. Dal punto di vista musicale, c’è poco o nulla: qualche emergente vero, i residuati dei talent show, vecchie glorie con problemi di fiscalità o alimenti, corpi ibernati e scongelati per l’occasione (Zarrillo, ad esempio).
L’uscita di 22 canzoni contemporaneamente significa però anche l’uscita di una ventina di promo che a loro volta fungono da cartine tornasole di un’industria (oddio, industria…) quale quella della videomusica italiana. Ecco perché non potevamo sottrarci da questa analisi, per quanto semi-seria e sbrigativa (ci teniamo alla salute mentale).
E allora, cominciamo…
Samuel – Vedrai (Dir. Yonuts! aka Antonio Usbergo, Niccolò Celaia)
Narrazione di livello cinematografico, inframezzata da perfomance classica. Tutto troppo facile: il triangolo – un classico del cinema e del music video – sembra promettere un twist plot che però non arriva mai. Gli Yonuts! hanno fatto di meglio (vedi ad esempio qui).
Giusy Ferrari – Fa talmente male (Dir. Gateano Morbioli)
Un nome un programma: guardare questo video di Morbioli, l’ennesimo di una carriera infinita, fa male. Sul serio: non si capisce il perché di quel continuo effetto finta-rifrazione, semplicemente stucchevole. Un video senza grandi idee, che ammassa effetti digitali tanto per. Tanto per cosa? Non si sa. Forse far smanettare uno stagista, chissà